Tasi, in genere più cara dell’Imu: dettagli

Un’aliquota media del 2,46 per mille per la Tasi sostiene che la nuova tassa sulla prima casa è ai massimi nella maggior parte dei Comuni, e il confronto con l’Imu del 2012, purtroppo per noi italiani, ci riserverà molte sorprese (in negativo). Nelle 69 città capoluogo che hanno già pubblicato le aliquote, molte hanno spinto la Tasi non solo al tetto massimo del 2,5 per mille, ma con un’aggiunta dello 0,8 addizionale (prevista dalla legge per finanziare le detrazioni). Questa è stata la scelta di molti municipi e di piccoli centri, se la media dà appunto quel 2,46. Non a caso Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Torino, Venezia, Bari e Catania sono al 3,3 per mille (la somma di 2,5 e 0,8). Il massimo, insomma. Una scelta obbligata da parte dei sindaci, si può dire, se consideriamo che l’Imu assicurava loro un’aliquota dal 4 per mille in su. Anche Roma e Milano non sono messe bene, con la Yasi al 2,5 per mille.
Il fatto è che la nuova tassa sulla prima casa non si distribuisce come la vecchia: anche se la torta è la stessa, ora contano di più gli immobili con rendite catastali medio-basse, le famiglie con figli, e le città che prima avevano un’Imu bassa.

CHI PAGA LA TASI E QUANDO
La pagheranno i proprietari di prima e seconda casa (questi ultimi pagheranno anche l’Imu). E anche gli affittuari, in percentuali dal 10 al 30%, decise dai sindaci dei vari comuni.
La Tasi è una delle due gambe della Iuc (Imposta unica comunale); la seconda è la Tari, ovvero la tassa sui rifiuti.
Tasi e Tari comportano due bollettini diversi e si versano in momenti diversi (il secondo arriva precompilato direttamente a casa).
Le scadenze della Tasi quest’anno sono molto variabili: circa duemila Comuni hanno fatto pagare l’acconto a giugno, mentre circa tremila lo faranno pagare entro il 16 ottobre. Altri ancora rimanderanno tutto a metà dicembre.

ALIQUOTE E CONFRONTO IMU
L’aliquota Tasi sulla prima casa è scelta dal Comune e varia in un range tra l’1 e il 2,5 per mille, mentre l’Imu andava dal 4 al 6 per mille. Ma l’Imu contava sulla detrazione fissa di 200 euro per tutti, più 50 euro per ciascun figlio sotto i 26 anni. Mentre per la Tasi, le detrazioni sono opzionali e molto più basse. I Comuni che le applicano possono finanziarle alzando dello 0,8 per mille l’aliquota sulla prima casa (che al massimo può arrivare, come detto, al 3,3 per mille). Oppure spostando quest’addizionale tutta sulle seconde case. O scegliendo una via di mezzo (0,4 sulle prime e 0,4 sulle seconde, oppure 0,2 sulle prime e 0,6 sulle seconde). I sindaci che hanno optato per il bonus fiscale l’hanno parametrato alle rendite catastali o al reddito Irpef o a quello Isee. E comunque sono andati in ordine sparso. Da zero detrazioni generali a sconti nulli per i figli, dal bonus solo dal terzo figlio in poi (Ferrara) al bonus per chi ne ha più di quattro (Reggio Emilia).

FAMIGLIE PENALIZZATE
Sono quelle con redditi modesti che vivono in abitazioni contraddistinte da rendite medio-basse. Nella simulazione della Uil – Servizio politiche territoriali vivere in una A3 (casa economica) con un figlio e rendita pari a 450 euro (nella media nazionale per questa categoria) può essere penalizzante per il 71% delle famiglie (nell’ipotesi, con reddito Isee di 10 mila euro e reddito Irpef di 20 mila euro). Sette famiglie su dieci cioè pagheranno più Tasi che Imu: 52 euro extra a Bologna, 32 a Firenze, 30 a Milano, 27 a Venezia.

MUNICIPI DIVISI
Mentre Ragusa, Olbia, Torre del Greco e altri 245 piccoli Comuni come Giffoni Valle Piana hanno scelto aliquota zero per la Tasi, gli altri si spaccano in due categorie, in base alla virtuosità o meno del passato. Quelli con un’Imu prima casa alta o molto alta – tra il 5 e il 6 per mille – ora hanno una Tasi più bassa. È il caso di Roma, Torino, Genova, Caserta, Napoli che hanno fissato aliquote inferiori di 2 o 3 punti, come la legge consente loro di fare. A Roma per esempio, nei due casi della Uil, si risparmierà da 50 a 145 euro a seconda della tipologia (di più con un’abitazione civile A2 e senza figli). A Caserta si arriva addirittura a 241 euro di minori esborsi, pur senza detrazioni: ma qui l’aliquota è crollata dal 6 al 2,5 per mille. I penalizzati – sembra un paradosso – sono i Comuni che tenevano l’Imu al 4 per mille, il minimo. Ora si trovano a imporre una Tasi al 2,5 o 3,3 per mille e in molti casi il risparmio è nullo o c’è un aggravio, per via di detrazioni assenti o inferiori. A Mantova ad esempio si va da 124 a 181 euro in più (il massimo per la A3 con un figlio). Così Venezia, Milano, Firenze, con aumenti però più contenuti.

IMU CHIESA
Un’altra scadenza alle porte riguarda gli enti no profit. Entro il 30 settembre dovranno spedire in via telematica la dichiarazione Imu-Tasi. Un fatto storico che coincide con un vero e proprio censimento. Conseguenza della norma di legge introdotta dal governo Monti nel febbraio del 2012. Ma che solo ora trova compiuta attuazione, dopo la pubblicazione lo scorso giugno del modello ad hoc, utile – dal prossimo anno – non solo a pagare le giuste tasse, ma anche a identificare e quantificare gli immobili o le loro porzioni da sottoporre a tassazione. La dichiarazione riguarda gli anni di imposta 2012-2013 e chi non la fa rischia una multa dal 100 al 200% dell’imposta dovuta. Le parrocchie sono in allarme. La diocesi di Milano organizza corsi. Si parte quest’oggi alle ore 15, in piazza Fontana 2, presso la Curia arcivescovile. Si replica in serata all’Istituto salesiano. E poi altri due appuntamenti il 17 e 18 settembre. Il cardinale Scola ha deciso di aiutare i parroci e gli altri enti ecclesiastici della sua diocesi a calcolare gli spazi esenti dall’imposta sugli immobili e quelli no perché commerciali, come ostelli, palestre, bar negli oratori, negozietti e così via. Una rivoluzione.